
La Cassazione, con sentenza n. 34850/2022, ha stabilito che al figlio, nato da un rapporto non protetto, e che il padre non ha riconosciuto, spetta un risarcimento per i danni morali subiti.
La richiesta, presentata dal figlio ormai grande, respinta in sede di merito, è stata poi valutata diversamente dalla Cassazione la quale ricorda che la responsabilità di un genitore per la violazione dei doveri di mantenimento, cura e istruzione nei confronti della prole, non è sanzionato solo dalle norme del diritto di famiglia.
Tale condotta può integrare anche un illecito civile perché viola diritti di rilievo costituzionale. Si tratta dell'illecito endofamiliare, o intrafamiliare, che può produrre anche un danno di tipo non patrimoniale che si ripercuote sulla psiche, sull'esistenza del soggetto, sullo sviluppo della sua personalità e sulle sue capacità di comprensione e di autodifesa, stante la maggiore difficoltà di affermarsi a livello sociale, scolastico e infine lavorativo.
Illecito che può condurre quindi ad un'azione un risarcimento ai sensi dell'art. 2059 c.c. esperibile anche all'interno dell'azione finalizzata alla dichiarazione giudiziale di maternità o di paternità.
Danno che ovviamente deve essere provato e che, stante la difficoltà della sua quantificazione, può essere liquidato in via equitativa.
La Cassazione ricorda che il disinteresse di un genitore verso un figlio si pone in contrasto con gli articoli 2 e 30 della nostra Costituzione e con altre norme di rango internazionale e che l'illecito endofamiliare può essere istantaneo o permanente.
Fonte: Studio Cataldi
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