Prerequisito indispensabile per la mediazione familiare è la volontarietà e autodeterminazione dei due ex partner.
Questo approccio implica la disponibilità a mettere da parte i motivi di conflitto e recriminazione per volgersi verso il futuro e cercare di collaborare per raggiungere il miglior accordo possibile per ciascuno dei due ma soprattutto per i figli.
Ma come si fa, quando la rabbia acceca e rende sordi ad ogni richiesta?
Compito del mediatore è facilitare il passaggio, spesso per niente facile, da un atteggiamento di rabbia, dispetti, voglia di vendetta ad una maggiore disponibilità all'ascolto dell'altro: questa è la svolta decisiva, quando si riesce ad ascoltare l'altro, a vedere i suoi sguardi, la sua sofferenza allora qualcosa si muove dentro.
Il mediatore lo può fare grazie ad una sapiente capacità di ascolto, di riformulazione e di porre le domande giuste.
Ci vuole empatia, riuscire a mettersi nei panni dell'altro senza identificarsi con l'altro, per cogliere quello che c'è dietro a certe prese di posizione e aiutare la persona ad ammetterlo, prima di tutto a se stessa.
Riconoscere quelli che sono i veri interessi sottostanti le prese di posizione, questo è il passaggio che porta poi, nella gran parte dei casi, con una certa naturalezza all'accordo.
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